Berta Cáceres (1971 ca.- 2016)
Insegnante, attivista anarchica
per i diritti civili e ecologista honduregna.
Eredita l’impegno nel sociale dalla madre, leader del popolo indigeno Lenca e co-fondatrice del Consiglio delle organizzazioni popolari ed indigene dell’Honduras.
Nel 1993 fonda il COPINH, organizzazione per la difesa dellə indigenə Lenca e dell’ecosistema. Lancerà svariate campagne su temi di carattere sociale e decoloniale: sulla proprietà terriera e la presenza di basi statunitensi su territorio Lenca, sulla deforestazione illegale, sul femminismo e sui diritti della comunità LGBTQIAPK+.
Nel 2006, una delegazione Lenca le chiederà di investigare sul recente arrivo di imprese costruttrici nell’area. In seguito alle indagini, Berta informerà la comunità che la compagnia cinese Sinohydro, la Banca Mondiale e la DESA (Impresa Nazionale di Energia Elettrica), ha in cantiere la costruzione di dighe idroelettriche sul fiume Gualcarque. Incuranti della violazione del diritto internazionale per mancato consulto con le popolazioni locali, che sanno contrarie. Le dighe infatti, avrebbero reso difficile l’accesso all’acqua e al cibo, mettendo a rischio la vita dell’intera comunità. Nel corso della campagna contro la loro costruzione, Berta inizierà a ricevere minacce e intimidazioni. Pertanto durante il colpo di stato del 2009, la Commissione Interamericana dei diritti umani sapendo che alcune forze militari circondano la sua abitazione, la inserirà nella lista delle persone a rischio di vita.
Berta però, non si farà intimidire e dal 2013 guiderà il COPINH e la comunità locale nelle proteste contro la costruzione delle dighe, impedendone l’accesso alle compagnie costruttrici. Riunirà inoltre le comunità locali che si oppongono al progetto e intraprenderà un’azione legale che presenterà alla Commissione Interamericana dei diritti umani.
Lo stesso anno i militari apriranno il fuoco contro lə manifestantə, uccidendo un membro del COPINH e ferendone altrə tre. Minacce e molestie alla popolazione da parte dei lavoratori delle compagnie, dalle guardie di sicurezza e dai militari diventano frequentissime. A fine anno, Sinohydro e International Finance Corporation abbandoneranno il progetto, ma la DESA deciderà di andare avanti spostando il sito di costruzione per sviare le proteste. Successivamente denuncerà Berta e altrə duə compagnə, accusandolə di essere “pericolosə anarchichə che incitano alla violenza nei confronti della compagnia”.
Intanto Amnesty International e decine organizzazioni umanitarie si muoveranno in loro difesa facendo appello al governo.
L’anno seguente ci saranno altre perdite all’interno del COPINH, atrə due mortə e altrə tre feritə.
Il primo marzo del 2016, l’attivista Gustavo Castro Soto è ospite da Berta in vista di una conferenza. Durante la notte alcuni uomini armati fanno irruzione nell’abitazione, uccidono Berta e feriscono Gustavo.
Nonostante fossero state richieste “misure di protezione” in difesa dell’attivista, quella notte non ci sarà nessuno a sorvegliare la sua casa. Il Ministro degli Interni dichiarerà che la suddetta abitazione non era segnalata come suo domicilio, dando la colpa ad un disguido burocratico. Berta infatti si era appena trasferita.
Nel frattempo, per le strade un centinaio di militantə del COPINH marciano fino alla stazione di polizia esigendo venga aperta un’indagine internazionale e indipendente sull’omicidio di Berta.
Sarà solo la prima di numerosissime proteste in tutto il mondo.
Il governo quindi, tenterà immediatamente il depistaggio, accusando dell’omicidio Aureliano Molina Villanueva, membro del COPINH, ma sarà costretta a rilasciarlo due giorni dopo per mancanza di prove.
Il 5 marzo durante una conferenza stampa, lə figliə di Berta, esprimono la totale sfiducia verso le indagini governative, definendo l’omicidio della madre un atto politico e chiedendo l’apertura di una nuova indagine internazionale. L’indagine avrà inizio il giorno seguente. Gli enti statali rifiuteranno di incontrare Amnesty e di collaborare alle indagini.
Secondo Castro, durante l’iter processuale, al procuratore generale della difesa non sarà consentito l’accesso al fascicolo, ne alle prove del caso.
Inoltre, il Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras e il Movimento per la giustizia e la dignità di cui fanno parte avvocatə e familiari di Berta, saranno oggetto di una campagna diffamatoria per screditare il loro lavoro in difesa dei diritti umani.