la schiava fuggitiva del XX secolo

Assata Olugbala Shakur (1947)
attivista e rivoluzionaria afroamericana, ex membro delle Black Panthers e successivamente del Black Liberation Army (BLA)

Assata Shakur nasce e cresce a New York, dove studierà e inizierà la militanza politica. Sempre a New York, nel 1967 verrà arrestata la prima volta in seguito a una protesta studentesca.

Nello stesso anno si sposerà per divorziare poco dopo, dichiarando che la relazione finirà per invalicabili divergenze con il marito riguardo ai ruoli di genere.
Ultimati gli studi, si trasferirà quindi in California, entrando nelle Black Panthers Party (BPP). Si occuperà dell’organizzazione delle proteste e di programmi educazionali che includessero lo studio della storia nera, invisibilizzata nelle scuole statali.
Tornata a New York City, ad Harlem, coordina il programma di colazione gratuita per bambinə, oltre a cliniche gratuite e campagne di sensibilizzazione della sua comunità.
Non potendo più sopportare sessismo e machismo, ne tantomeno la diffusa superficialità e ignoranza verso la propria stessa cultura, lascerà il partito per unirsi al Black Liberation Army (BLA).
Movimento antigovernativo ispirato dalla resistenza vietcong e dallə combattentə per l’indipendenza algerinə.

Nel 1971, rifiutando per sempre il suo nome di schiava, rinasce come Assata Olugbala Shakur. Assata deriva dal nome arabo Aisha, terza moglie di Maometto,  vuol dire letteralmente “viva”; Shakur, sempre in arabo significa “grata” e Olugbala vuol dire “che salva” in lingua Yoruba.

“Sembrava così strano quando la gente mi chiamava Joanne. Non aveva davvero nulla a che fare con me. Non mi sentivo né Joanne, né negra, né americana. Mi sentivo una donna africana».

L’anno della sua autodeterminazione e della fine della sua invisibilizzazione, coinciderà con quello delle sue persecuzioni.
Sarà accusata di diversi episodi di aggressione e rapina oltre che dell’attacco alla centrale di polizia di New York City. In breve la sua reputazione, cucitagli addosso abilmente dall’FBI, diverrà di “serial killer di poliziotti e leader di un’intera organizzazione di nerə che vogliono lo sterminio della razza bianca.
E in effetti questo ha una sua logica, anche se ovviamente è biancocentrica e colonialista. Del resto è innegabile che il meccanismo di sostituzione etnica e culturale, sia tutta farina di un occidentalissimo sacco e che se abbiamo anche avuto l’ardire di chiamare tale barbarie “civiltà”, la sostanza dei fatti non cambia. Non c’è cosa più comune del rigirare la frittata dipingendo chi è oppresso come oppressore. Basta guardare un orrido film di cowboy e “indiani” per averne un lugubre esempio.

Il 2 maggio 1973, verso le 00:45, Assata è su un auto in compagnia di altri due compagni, Zayd Malik Shakur e Sundiata Acoli, quando vengono fermati dalla polizia. (Stando alla versione della polizia: per un fanale rotto e aver leggermente superato i limiti di velocità).
Ne seguirà una colluttazione in cui Zayd sarà freddato dagli agenti, Assata verrà ferita ad un braccio da uno sparo che le reciderà il tendine maggiore, l’agente Foerster si beccherà due proiettili in testa e un altro verrà ferito. Assata sarà accusata di aver aperto il fuoco e ucciso Foerster, nonostante le perizie confermino che con il tendine reciso, fosse assolutamente impossibile.
Gli agenti stessi cadranno spesso in contraddizione nella ricostruzione dei fatti. Inizialmente diranno di avere risposto al fuoco, poi diranno che Foerster, appena arrivato sulla scena punterà la pistola in faccia allə ragazzə, dicendo al collega: “Hey Jim, guarda COSA ho trovato” e che mentre il collega cercava di calmarlo, la Shakur aprirà il fuoco uccidendolo. Poi ritratterà dicendo che la Shakur era già ferita al momento della morte del collega.
Nel 1974, Sundiata verrà condannato per l’omicidio di primo grado di Forster e il primo ricorso in appello gli verrà concesso dopo 25 anni e da allora sempre rifiutato.
Assata resterà comunque in galera con l’accusa di favoreggiamento nell’omicidio, lesioni all’agente Harper e vecchie accuse.
In carcere subirà ogni tipo di abusi, percosse e sevizie, oltre a dover fronteggiare accuse che variano dal rapimento a scopo di estorsione, alla rapina a mano armata, dalle quali verrà sempre assolta. A nulla comunque varranno le numerose proteste per chiederne la liberazione, così nel 1979, il Black Liberation Army e l’ Organizzazione 19 maggio, liberano Assata. Nessuna persona sarà ferita o uccisa durante l’evasione, i due agenti che verranno presi in ostaggio saranno rilasciati incolumi nel parcheggio.
Lo stesso anno Sundiata sarà trasferito in un carcere di massima sicurezza, con precise tecnologie anti-evasione. Ha continuato a fare appelli che verranno prontamente negati e fissati decenni dopo, l’ultimo appello negatogli nel 2017 e stato spostato il prossimo al 2032. A quell’epoca dovrebbe avere 94 anni.

Assata vivrà come fuggitiva per parecchi anni.
Nel 1980 pubblicherà un nastro intitolato, In qualche luogo dentro al mondo, denunciando la violenza suprematista bianca negli Stati Uniti.Nel luglio del 1981 prenderà parte ad una mobilitazione composta da circa 1000 cittadini in onore dellə combattentə per la libertà afrodiscendentə e tre anni dopo fuggirà a Cuba dove avrà asilo politico.

l’FBI non la prenderà mai!

“IL MIO NOME È
ASSATA SHAKUR
E SONO UNA SCHIAVA
FUGGITIVA
DEL XX SECOLO.”

Nessuno al mondo, nessuno nella storia,
ha mai ottenuto la propria libertà facendo appello
al senso morale dei suoi oppressori”.

 

Di zovich

Sono una creatura selvatica, sono gramigna, sono strega ecotransfemminista, sono acqua che scorre e scava la pietra, non tollero i confini e le sovrastrutture che mi impediscono il movimento. Sono l'urlo muto delle galere, dei cervi braccati, delle donne* uccise. Sono mani spesse che seminano. "Torce nella notte" nasce come progetto benefit e di propaganda a sostegno della Rivoluzione del Rojava e dei suoi valori grazie la vendita di stampe, stands e collaborazioni probono.