Robin Hood era anarchico

Alexandre Marius Jacob (1879 – 1954)
Anarchico francese che con la sua banda rubava alla borghesia
per ridistribuire la refurtiva alle classi meno agiate.
Ispirerà il personaggio di Arsenio Lupin di Maurice Leblanc.

Nasce a Marsiglia e all’età di soli 11 anni s’imbarca come mozzo su varie navi, compresa una baleniera che si rivelerà poi essere una nave pirata. Sarà in mezzo alle onde che imparerà a rubare per fame e a usare la furbizia per togliersi dai guai.
A sedici anni torna in Francia, dove ha modo di leggere Bakunin, Kropotkin e il giornale anarchico L’Agitateur. Frequenta circoli anarchici e operai e viene accusato di detenzione di materiale esplosivo e anche se probabilmente si trattava di una montatura, sconterà comunque 6 mesi di prigione .
Appena ventenne fonda il gruppo anarchico Les travailleurs de la nuit, (lavoratori della notte), che guiderà fra arresti ed evasioni in più di 150 espropri, esclusivamente a carico della ricca borghesia, di prelati e aristocrazia.
Jacob è un autentico artista del furto. Inventa nuove tecniche di scasso, è esperto di travestimenti e mette in atto un nuovo modello di lotta politica, (non dissimile da quella suggerita in Presa di possesso da Louise Michel), rubando allə ingordə per sfamare lə poverə.
Occhi neri, gran senso dell’umorismo e nessuna paura. Si dice che riuscisse a dileguarsi e che non fosse possibile acciuffarlo anche grazie al supporto logistico dellə compagnə di Germinal, giornale anarchico di Amiens.
L’8 agosto 1897, l’anarchico Michele Angiolillo, prima di essere garrotato per l’assassinio del presidente del Consiglio spagnolo, responsabile delle torture di Montjuich, urlerà: “GERMINAL!” (riferendosi in realtà al romanzo di Emile Zola). Essendo la polizia nota per collegamenti surreali, questa collaborazione, intensificherà il loro accanimento sul gruppo.
Le gesta di Jacob e della sua banda, lo renderanno tanto amato dal popolo tanto odiato dal governo.

Durante l’ ennesimo arresto, nella tasca di un compagno arrestato viene rinvenuto un biglietto con l’indirizzo della banda. Sarà la fine dell’organizzazione, l’intero gruppo sarà arrestato e processato in blocco nel 1905. Epica sarà la difesa di Jacob che rifiutato l’avvocatə, si rivolgerà così alla corte:

“Il popolo ha paura, voi dite.
Noi lo governiamo con il terrore della repressione:
se grida, lo gettiamo in prigione;
se brontola, lo deportiamo,
se si agita lo ghigliottiniamo.
Cattivo calcolo signori, credetemi.
Le pene che infliggete, non sono un rimedio contro gli atti della rivolta.
La repressione invece di essere un rimedio, un palliativo,
non fa altro che aggravare il male.
Le misure coercitive non possono che seminare l’odio e la vendetta.
È un ciclo fatale.
Del resto, fin da quando avete cominciato a tagliare teste,
a popolare le prigioni e i penitenziari,
avete forse impedito all’odio di manifestarsi?
Rispondete! I fatti dimostrano la vostra impotenza.
Per quanto mi riguarda, sapevo esattamente che la mia condotta
non poteva avere altra conclusione che il penitenziario o la ghigliottina, eppure, come vedete, non è questo che mi ha impedito di agire.
Se mi sono dato al furto non è per guadagno o per amore del denaro, ma per una questione di principio, di diritto.
Preferisco conservare la mia libertà, la mia indipendenza, la mia dignità di persona, invece di farmi artefice della fortuna del mio padrone.
In termini più crudi, senza eufemismi, preferisco essere ladro che essere derubato.”

Condannato all’ergastolo nel penitenziario di Caienna nella Guyana francese, dopo 23 anni di lavori forzati e 17 tentativi falliti d’evasione, verrà graziato.
Lavorerà gli ultimi anni che gli restano come venditore ambulante. Si spenderà per la causa di Sacco e Vanzetti e trascriverà le sue memorie, finendo di scriverle nel 1950. Titolerà la sua autobiografia, Un anarchiste alla belle époque.

All’età di 75 anni, rimasto solo e pieno di dolori porrà fine alla sua vita con un’iniezione di morfina, lasciando sul tavolo due litri di rosé e un biglietto:

“…Ho vissuto un’esperienza piena
di avventure e sventure,
mi considero soddisfatto del mio destino.
Dunque, voglio andarmene senza disperazione,
con il sorriso sulle labbra
e la pace nel cuore.
Ho vissuto.
Adesso posso morire.

P.S. Vi lascio qui due litri di vino rosato.
Brindate alla vostra salute.”

Di zovich

Sono una creatura selvatica, sono gramigna, sono strega ecotransfemminista, sono acqua che scorre e scava la pietra, non tollero i confini e le sovrastrutture che mi impediscono il movimento. Sono l'urlo muto delle galere, dei cervi braccati, delle donne* uccise. Sono mani spesse che seminano. "Torce nella notte" nasce come progetto benefit e di propaganda a sostegno della Rivoluzione del Rojava e dei suoi valori grazie la vendita di stampe, stands e collaborazioni probono.