La Coronela Zapatista

Juana Belen Gutierrez de Mendoza(1875–1942)
Colonnella zapatista, pioniera del femminismo in Messico, attivista per la libertà indigena, giornalista e sindacalista.

Nasce nell’arida regione di Durango nel 1875 e cresce in povertà, ma in un contesto famigliare politicamente fiero. Suo nonno era stato giustiziato a causa delle sue convinzioni politiche e per linea materna è indigena caxcanes.
Impara a scrivere da autodidatta e nel 1897, uno dei suoi primi articoli, sebbene non si firmi, le costerà l’esilio forzato e diversi mesi di prigione a Minas Nuevas, Chihuahua. Invece di desistere dalla lotta, gli articoli che scriverà da quel momento in poi li firmerà sempre.
Tornata a Durango dopo la perdita del figlio e del marito, assieme la capra Sancha e le figlie Laura e Julia, si trasferisce a Guanajuato.
Nel 1901, Juana diventa insegnante e membro attivo del movimento Precursor, un piccolo, ma impegnato gruppo che lotta contro il regime di Porfirio Diaz.
Nello stesso anno a Guanajuato, fonda, con Elisa Acuña y Rossetti, il settimanale militante Vésper, dove entrambe scrivono di diritti sul lavoro, e criticano aspramente il governo e la chiesa. Sostenendo che la chiesa, assieme all’ignoranza, avesse un ruolo fondamentale nel mantenere la popolazione sottomessa.
In breve tempo, Vésper comincia a diventare celebre anche fuori da Guanajuato, e Juana diventa una figura di rilievo per l’opposizione. Dal 1903, il regime Diaz diventa ancora meno tollerante con lə dissidentə polichə e Gutiérrez e Rossetti vengono arrestate. Juana rimarrà in carcere per circa un anno, tornata in libertà si sposterà in Texas.
Al suo ritorno in terra natia subirà un pesante outing dal “tanto stimato compagno” Ricardo Flores Magón, un tempo suo convinto sostenitore, che l’accuserà di essere lesbica e pertanto infedele alla causa del Partido Liberal Mexicano. Ovviamente per una donna all’epoca essere lesbica equivaleva all’internamento in carcere o manicomio, essendo l’omosessualità considerata: “devianza e disturbo mentale”. La peculiare accusa rivolta a Juana nasceva anche dal comune pregiudizio che la politica fosse esclusiva maschile e che pertanto le donne* impegnate politicamente fossero “gorgoni invidiose del pene” (accanito fan di tale teoria anche l’anarchico Camillo Berneri , in merito scriverà un’ignobile opuscolo). Le carceri femminili pertanto erano gestite esclusivamente da suore in modo da assicurare non solo la rieducazione sociale di genere su dettami patriarcali, ma anche quella eteronormativa.

Tuttavia Juana scamperà una nuova detenzione e un anno più tardi fonderà Las Hijas de Anáhuac, gruppo anarco-femminista che si batterà a suon di scioperi per migliori condizioni di lavoro per le donne*, e che similmente a Mujeres Libres editerà un proprio giornale (purtroppo ne usciranno solo 3 numeri).

Nel 1911, sposata la causa zapatista, prenderà attivamente parte alla Rivoluzione e nominata “Coronela” da Zapata, guiderà e organizzerà da zero l’unità di guerriglia Victoria.
Nel mentre, sarà anche redattrice di La Reforma, sostenendo la liberazione dei popoli indigeni dalla stretta colonialista di Diaz. A causa dei suoi articoli e della sua partecipazione a varie missioni zapatiste, sarà arrestata altre tre volte.
Nel 1916, darà vita a un’altra testata militante, El Desmonte e sebbene ne usciranno solo pochi numeri, resterà una delle documentazioni più interessanti riguardo al pensiero femminista nella fase finale della rivoluzione messicana.
Disillusa dalla mera retorica e stufa di vedere chiedere spargimenti di sangue incessanti a un popolo stremato, l’unico in cui continua ad avere fiducia era Emiliano Zapata. Anche quando sarà assassinato, rifiuterà di abbandonare la convinzione che un giorno la terra sarebbe stata di chi la lavora.

Condurrà una vita molto precaria come giornalista, lottando per un efficace sistema di educazione rurale, restando salda nei valori culturali indigeni.
Nel novembre del 1935 fonderà la rivista Alma Mexicana: Por la Tierra y Por la Raza che più che mai incarnerà il suo spirito radicale e indipendente.
Infine, delusa dai dogmatismi ideologici e dalle lotte intestine anche negli ambienti rivoluzionari, inclusi quelli femministi, manterrà contatti con poche persone.
Sempre più povera, continuerà a dar voce alla causa, invocando giustizia sociale ed economica, soprattutto per lə donnə.

Poco prima della sua morte, parlerà ad alcunə amichə dei suoi piani per la costruzione di una scuola femminile nello stato di Morelia.

Esalerà il suo ultimo respiro a Città del Messico il 13 luglio 1942.

“…Continuo a credere che l’elemento aborigeno
sia il fondamento della società messicana ,
Non importa quanto sia alta la pressione
che cercano di applicami,
nessun potere sarà mai abbastanza grande
da farmi tradire le mie origini.”

Di zovich

Sono una creatura selvatica, sono gramigna, sono strega ecotransfemminista, sono acqua che scorre e scava la pietra, non tollero i confini e le sovrastrutture che mi impediscono il movimento. Sono l'urlo muto delle galere, dei cervi braccati, delle donne* uccise. Sono mani spesse che seminano. "Torce nella notte" nasce come progetto benefit e di propaganda a sostegno della Rivoluzione del Rojava e dei suoi valori grazie la vendita di stampe, stands e collaborazioni probono.